18 Novembre 2019
La gentilezza dell’acero
Alessandro Quattrone
La gentilezza dell’acero (Passigli 2018)
Prometeo – 14 novembre 2019
Presentazione: Luca Bombonati e Michele Donati
Nei versi dell’ultima pubblicazione del poeta Alessandro Quattrone, presentata a Faenza lo scorso giovedì 14 novembre, l’esistenza dell’acero, protagonista -assieme ad altri elementi del mondo arboreo e animale- diviene perfetta metafora per la vita di ogni essere umano, un’allusione particolarmente significativa in un tempo ricco di ostentazione, di esibizionismo e, al contempo, poco incline alla relazione “gratuita” con l’altro da noi.
La bellezza della sua fioritura, tanto quanto quella della sua morte, rappresenta la discreta -e inevitabilmente ciclica- assoluzione dei propri compiti, una natura intesa come benefico elemento a servizio della vita, un esercizio di bellezza spontanea che basta a se stesso e non chiede nulla in cambio.
Una poetica solida e compatta quella di Alessandro Quattrone, volta all’ascolto delle cose del mondo, attraverso uno sguardo attento che osserva e intrepreta, una parola pacata, in un dettato chiaro, che si fa invito al silenzio per cogliere i segni che provengono dall’esterno. Lo sguardo vigile e stupito del poeta, come lo sguardo di ogni uomo capace di emozionarsi dinanzi alle forme anche minime della bellezza, diviene quasi un incantesimo, ed è proprio l’atto di donare attenzione, così raro ai giorni nostri, che trasforma e cura tutto ciò su cui si posa. Discrezione, gentilezza, cortesia sono parole che non indicano solo un modo di comportarsi, ma reclamano l’importanza di una nobiltà d’animo dal sapore stilnovista, la necessità di sollevare lo sguardo e ricercare qualcosa di più alto di noi, per non accontentarci del mero piano orizzontale.
Il silenzio –che sopravvive al clamore- è forse la via maestra che delinea il poeta attraverso le tre sezioni del libro (osservazioni e sguardi, l’amuleto smarrito, annunci o auguri) ma un silenzio che non sia affatto passività, bensì contemplazione attiva di ciò che ci circonda, per ristabilire l’armonia, nel fastidioso rumore di fondo che omologa e obnubila.
La bellezza è intesa anche come autenticità, una bellezza legata alla storia e alla realtà delle cose: “la gloria della ruggine” che è vita, lavoro, fatica e diviene espressione della capacità di cogliere la grazia in ogni sua possibile forma.
La natura, in questi versi dal respiro antico, si fa maestra in una terra di spaesamento, ristabilisce un rapporto di fertile scambio con l’umano restituendo valore alla spontaneità e alla gratuità dei gesti.
La comprensione di sé e del mondo abita nella quiete, nella contemplazione di una natura non consolatoria ma clemente, dove il mondo vegetale acquisisce quell’umana gentilezza che, paradossalmente, proprio l’umano talvolta ignora.
Nonostante il processo di desertificazione in atto da decenni, Quattrone ci offre la possibilità di riscoprirci umani tra gli umani, attraverso la dimensione meditativa, aprendo gli occhi e includendo anziché escludere ciò che sta di fronte, cercando la sostanza dietro l’immagine. Con una lingua tersa riconnette interno a esterno, indaga i dettagli ma soprattutto riporta il lettore a porsi quesiti sul loro significato.
Forse, nel nostro occidentale benessere attuale, non siamo mai stati così soli; la corsa del quotidiano impedisce di accogliere qualsiasi cosa altra da noi, confinandoci in un’isola di narcisismo esagitato. Ma l’uomo non può bastare a se stesso. Per riconnettersi all’altro è necessario riscoprire la preziosa dimensione dell’ascolto, per approdare all’ascolto è necessario ripartire dal silenzio. La quiete può essere via per la riconciliazione con il tutto, la contemplazione un’inestinguibile riserva di forza, mentre dobbiamo accettare che la felicità sia il percorso, il suo senso primo nella sua stessa irraggiungibilità.
La magia è un verso che tende sempre alla costruzione: “la somma di nessuno più nessuno corrisponde qualche volta a uno”.
Nell’anonimato, indifferenziato del mondo, è un acero che salva il nostro nome.
Da La gentilezza dell’acero (Passigli, 2018)
*
Non si può che ammirare
la gentilezza dell’acero,
dell’albero che medita sospeso
al cielo adorando i fili d’erba,
e quando l’ora è più spietata
abbellisce della propria morte
il mondo, sapendo che il silenzio
è una virtù finale, che però
sopravvive nel mezzo del clamore.
*
Poi viene il giorno in cui senti di essere
nessuno, anzi nulla,
senti che scendere o salire non fa differenza,
che cercare è inutile, e anche trovare,
che l’inverno può tardare ma arriva
a coprire di brina le parole
e i silenzi lasciati per strada,
e senti pure che in mezzo a tutto questo
c’è qualcosa di cui non puoi fare a meno
e che la somma di nessuno più nessuno
corrisponde qualche volta a uno,
come la somma di nulla più nulla
corrisponde talvolta a qualcosa.
*
Si va di fretta, si è in ritardo, si arriva
affannati al luogo dove già da qualche minuto
dovrebbe essere iniziato il discorso
atteso da così tanto tempo,
ma c’è una strana desolazione
all’ingresso, e pigramente il custode
chiarisce che purtroppo non è oggi
il giorno dell’incontro,
non è oggi che saremo lieti,
ci siamo sbagliati, era ieri,
era ieri che avremmo dovuto esserlo.
*
Prima che arrivi il treno
si prova a dire qualcosa di profondo,
qualcosa di necessario e puro,
guardando intanto i ciottoli gelati
tra i binari arresi al destino.
C’è chi sorride di antica sapienza
e chi parla con l’intento di essere
infine un uomo che non chiede nulla
e non aspetta altro che lo spostamento
d’aria del treno che verrà.
Biografia
Nato a Reggio Calabria nel 1958, Alessandro Quattrone vive e insegna a Como. Ha pubblicato i seguenti volumi di poesia: Interrogare la pioggia, (Lacaita, 1984, finalista al Premio Viareggio– Opera prima); Passeggiate e inseguimenti (Book, 1993 Premio Internazionale E. Montale); Rifugi provvisori (Book, 1996- Premio speciale Rhegium Julii); Prove di lontananza (Book, 2013-Premio Caput Gauri); L’ombra di chi passa (Puntoacapo, 2015).
Ha tradotto diversi volumi (francese, inglese, latino) di classici della poesia per le edizioni Demetra (tra i quali ricordiamo E. Dickinson, A. Rimbaud, P. Verlaine, E.A. Poe, S.T. Coleridge, W. Whitman, Ovidio).
Tra le sue pubblicazioni ricordiamo il romanzo Ai bordi del diluvio (Moretti e Vitali, 2002) e, per il teatro, A me non sembra di dover morire e altri dialoghi teatrali (Puntoacapo, 2018).