27 Gennaio 2020

La mente bianca

La mente bianca, Lorenzo Franceschini, con disegni di Raimondo Rossi, il Vicolo, 2019

Dopo diverse esperienze come cantautore, Lorenzo Franceschini approda alla parola poetica con una raffinata pubblicazione per la casa editrice Il Vicolo: La mente bianca è stato presentato da Virginia Morini e Michele Ragazzini lo scorso 23 gennaio al Circolo Prometeo di Faenza per la rassegna Poetry 2019/20. 

Dato il curriculum dell’autore è lecito domandarsi quale ruolo giochi l’elemento musicale all’interno di questo poemetto così rarefatto, incardinato su versi dal nitore meditativo: la risposta è che Franceschini tiene ben presente la distinzione tra forma-canzone e forma-poesia e riserva a quest’ultima la specificità di una scrittura chiamata a dipanarsi più nella dimensione dello spazio che – come la musica – in quella del tempo. È lo stesso poeta a dirlo in maniera esplicita quando afferma che La mente bianca è un libro per l’occhio: la struttura del testo è generata da elementi visivi e grafici che si impongono sugli spunti di natura sonora. Il dato epidermicamente più vistoso è l’immersione delle brevi scaglie di versi nello spazio bianco della pagina, ma non vanno dimenticati i disegni di Raimondo Rossi che puntellano le varie sezioni evocando stilizzate solitudini.            
Il senso dell’opera di Franceschini sarà quindi da ricercare proprio in questo bianco – d’altra parte presente fin dal titolo – figura dell’essenzialità. E se vogliamo riflettere su questo colore fino in fondo, andrà sottolineata la considerazione che il bianco non è assenza, bensì compresenza di tutti i colori, pienezza di luce. La mente arriva alla nitidezza una volta percorso l’intero spettro cromatico, una compromissione con la realtà che rischia di far vacillare ma infine si risolve nella purezza del pensiero. Collocate in un silenzio che funge da cassa armonica, le parole possono risuonare meglio, addensarsi in pochi punti come intorno ad un fuoco e farsi canto.                                 
Il nucleo fondamentale del libro risiede così nella dialettica fra soggetto ed oggetto, e due sono i movimenti che producono forze speculari: uno di chiusura, verso l’interno, dove anche l’alterità è un riflesso solipsistico dell’Io, ed uno di apertura, verso l’esterno, dove la soggettività si espande e diventa altro da sé.
La duplice dinamica rende impossibile fissare dei paletti precisi alle esperienze: Franceschini accetta ed anzi incoraggia questa crisi, consapevole come Spinoza che “ogni determinazione è una negazione” e che ogni corpo sfiorato è la percezione di un confine.  La mente bianca appartiene dunque ad un’identità mobile, e le persone sono luoghi abitabili o lande inospitali.  Franceschini ha impiegato quasi dieci anni di lavoro – soprattutto “per via di levare” – prima di dare alla luce il suo poemetto: l’esito, per ammissione dell’autore, è un libro di fondazione, un antefatto che ci narra ineffabilmente il percorso compiuto dalla parola per approdare al canto. Tale è anche il significato del titolo dell’ultima sezione, “Frammenti (Intonazione)”, dove sorprendiamo la poesia intenta ad accordare i propri strumenti in vista del concerto. Frammenti che paiono i brandelli di un Parmenide apertamente apocrifo e che tornano a ripetere l’eterna verità: le cose sonoed esistono in loro stesse, al di là dei limiti imposti dalla nostra mente.          

Michele Donati

 

 

Da: La mente bianca

 

 

 

 

Dall’argine 
                    di queste sfasature
tendiamo una mano, o solo uno sguardo.
 


Abitavamo 
quelle lande
della notte
quando il corpo finisce 
e la mente bianca
– solo lì eravamo
di casa 

fino a diventare 
due cose

intransitive 

scordate 
sull’adito di casa


                                           eppure sono sempre e solo
                                           a fianco 
                                           a te. Soffro questo limite folle 
                                           che la pelle m’impone – essere 
                                           irrimediabilmente altro
                                          da te. 

                                          Vorrei
                                           che m’impedissi di toccarti.