Nadia Scappini – tre minuti per DANTE
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La poesia di Dante e il senso del suo messaggio a settecento anni dalla morte. Dante come maestro contemporaneo: cosa nasce dall’incontro fra i poeti di oggi e la Commedia?
La scelta delle terzine a cui sono collegate le poesie e il video è stata effettuata dagli autori.
Paradiso, Canto XXXIII, versi 115-122
Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d’una contenenza;
e l’un da l’altro com’iri da iri
parea reflesso, e ‘l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.
Oh quanto è corto il dire e come fioco
al mio concetto! e questo, a quel ch’i’ vidi,
è tanto, che non basta a dicer ‘poco’.
1. impronte
sa riempire le impronte
il sole del mattino?
Mi hai chiamata – ieri
incendiata col tuo sole
ho lasciato la parola
scorticarmi senza scorciatoie
quella parola ritrovata
deposta nel mio grembo
quando il seme di mio padre
lievitò mia madre.
Oh, contagiare del tuo fuoco
questi amori giganti a me vicini
lasciarsi insieme prendere da Te
diventare parola…
2. vertigine
s’è fatto breve il tempo, tendi la rete sulla mia via
fammi di nuovo abitare la vertigine dove la pazienza
scivola in una lingua di fraterno sentire in quegli slarghi
che misteriosamente s’accendono anche su una pagina
di poesia un faccia a faccia che poi respira dentro
pausando cammini incerti sofferti
fammi riconoscere il plurale di cui siamo appena titolari
credere in una prova d’eternità
anche se passeggera
dentro una rosa di sangue
un faccia a faccia sulla polvere del nostro impaccio
del nostro sventato entusiasmo che intoppa il fiatare
di umani santi pensieri nelle cavità porose dell’esistere
3. le tue mani
quando le tue mani, le mani tue
dalle infinite dita a me solleveranno
il capo perché contempli l’amore
nell’immenso del creato, quando il tuo palmo
mi accarezzerà come nel punto in cui
mi lasciasti germinare
Ti riconoscerò
saprò che l’ora da sempre segnata
la nostalgia sulla Terra provata
si compie in Te
nell’eterno del tempo nella fede affidata
nella carne liberata nella sapienza per me
dispiegata in questo guscio ricolmo di niente
perché trapassi al fine l’amore
4. e come potrei
e come potrei chiamare
se non paura l’ombra che mi sorprende
col suo fiato
sul limitare della sera dietro una punta
di lontananza viola, una nostalgia di perla
una trasparenza ambigua solitaria
una spina che s’incarna e brucia al momento
ma non fa male tace
e ricompare quando vuole
come a rammentare che nell’ansia di domani
c’è una vertigine, una geometria ignota e dolorosa
verso l’uscita necessaria, il viaggio di fuoco
la gloria finalmente della luce