Francesca Del Moro
Q.B. PRIMO PIANO
Nota di lettura su Ex Madre
Francesca Del Moro, Arcipelago Itaca, 2022
Ex madre è un dialogo sulla soglia, tra il torpore e la veglia, tra la voragine del lutto e l’incontenibilità dell’amore. Il dolore trova corpo nei versi ordinati, forse un arduo tentativo di riordinare lo stesso universo frantumato. Fuoriesce dalle pagine un’energia tellurica che, mentre àncora sul baratro chi scrive, spinge il lettore verso una sfera più alta. In questo libro c’è l’inferno. Ma non è lì che l’autrice ci conduce.
La tragedia più inaudita e indicibile della vita accade a Francesca Del Moro ed è tema portante di questa raccolta, una circostanza che nemmeno possiede un vocabolo per essere definita -come si resta orfani di un figlio?- ed è così che l’autrice partorisce (non me ne voglia per l’ardire di questo verbo) il titolo: Ex madre. Ecco cosa accade quando un figlio muore: l’identità stessa è scossa dalle fondamenta. L’autrice dimostra (lacerandosi) quanto sia necessario pronunciare parole esatte per misurarsi con la Perdita, talvolta ripetendole in modo ossessivo, per stabilire una direttrice di senso, una possibilità per continuare a esistere attraverso una qualche forma di elaborazione e resistenza.
La maternità dopo la morte è stringere “l’urna contro il ventre”, reinventare i rituali del quotidiano, tramutare la cura in un esercizio di continuo svuotamento. Il contenimento della vita diviene custodia della memoria, la “fioritura della nascita” si contrappone al “seccarsi” dell’abbandono. Il lutto personale dell’autrice costringe all’elaborazione di un’angoscia universale, dove si contempla la possibilità che un’onda disumana possa investire, in ogni momento, l’universo di chiunque, che ogni pianificazione o previsione possa di colpo infrangersi senza via di scampo, che anche il cuore del lettore possa “perdere la sua metà”. I versi inchiodano lo sguardo che a tratti vorrebbe mettersi al riparo dalla pagina (e dalla vita), ma il tono amichevole e confidenziale, talvolta necessariamente ironico, entra con una dolorosa grazia nella sfera più intima del lettore.
Tutto in questo libro parla di movimento e di trasformazione, dinanzi all’immobilità della morte, dinanzi al cortocircuito innescato dalla tragedia. La perdita determina una scissione tra interno ed esterno, tra animo e corpo, e così dal presente emerge un improvviso non detto, ogni incontro con l’altro diventa un possibile scoglio, ma non solo. Il libro è anche costellato di “visi buoni”, “occhi lustri” di buone persone, a testimoniare come ogni tragedia che colpisca un essere umano riverberi a suo modo nel cosmo intero. All’interno di queste pagine c’è un mondo completo, fatto di relazioni che proseguono nel “dopo” e talvolta, come una preghiera laica, i versi s’innalzano oltre il limite terreno.
Leggere Ex Madre significa dilatare in modo esponenziale la propria consapevolezza, del bene e del male, nel bene e nel male, significa esporsi ad un viaggio che scaturisce dal dolore infinito ma approda all’amore infinito (anche quando l’autrice scrive: “non ti perdono” ). Il lettore non può fare a meno di interrogarsi su se stesso, sulla propria genitorialità ma non solo, i versi indagano anche la disponibilità di ascolto profondo che ognuno concede al prossimo, indipendentemente dal ruolo che nello specifico è chiamato a ricoprire. L’estrema fragilità raccontata senza pudori o ritrosie diviene fonte di un iniziale spavento, perché sotto ogni scorza è proprio la fragilità l’elemento comune a tutti gli esseri umani. Ma dalla paura può gemmare altra consapevolezza, tanto del dono quanto del rischio della perdita.
Le lacrime cadono sulle pagine, è inevitabile, sgorgano da una sorgente indefinita, la fonte del dolore è universale e da essa si riemerge guidati dalla poesia. L’autrice non dona solo la propria esperienza al lettore, ma dona tutto di se stessa, ogni singola fibra si fa Poesia in un dettato tanto misurato da renderlo esplosivo, il viaggio principia dalla trasformazione identitaria per giungere a una ricucitura su molteplici piani. Se inizialmente “i morsi del dolore” sono necessari per tenere vicino chi non lo è più, emerge, pagina dopo pagina, una possibilità di ricucitura più ampia delle “ferite dell’animo” de “lo strappo al cuore” sino a giungere a una fusione completa nella “pura luce”, nel “pulviscolo” dell’origine. E questa trasformazione da dolore in amore è il miracolo di Francesca Del Moro.
Mettere in versi la nudità estrema del nostro sentire è l’unica via per chi segue la poesia e se Ex madre con il suo coraggio scardina il nostro vocabolario -e il nostro universo- stabilisce anche il suo esatto opposto. L’autrice è Madre. per sempre. La più consapevole e la più amorevole delle madri. Convertire l’amore in versi, continuare a nutrire la tenerezza e la forza smisurata dell’amore materno che è, e non solo che è stato, è restare Madre con ogni singolo atomo, dopo la perdita, dopo la trasformazione. Il lettore esce da questo viaggio con il cuore zuppo, ma molto, molto più largo.
versi tratti da Ex Madre
(Arcipleago Itaca, 2022)
*
Ho stretto l’urna contro il ventre,
pesava pressappoco come allora.
Un figlio lo contieni sempre
e ogni minuto io contengo,
ogni minuto sento dentro
mio figlio che muore,
mio figlio che decide di morire.
*
Non ci vorrà troppo
– in questo la chimica aiuta –
tutti penseranno ch’è passato
e io avrò imparato
a portare con disinvoltura
il mio sguardo opaco
e il terrore dentro.
*
Il sole che da luglio mi ferisce
torna buono in questo giardino.
Ecco le aiole, le rose, il tavolino
tondo, le ombre del fogliame,
il sorriso di Adriana.
Nella stanza per me il letto fresco
mi ridona l’emozione del viaggio,
delle bozze sul comodino.
Piangere è dolce la sera tra la meliga
e l’orsa che seguiamo nel cielo
pulito, è un pianto condiviso.
*
Le medicine hanno allentato
i morsi al cuore, hanno arginato
le aggressioni del respiro.
Ora dovrò fare qualcosa
per questo pianto incontrollato
che scoppia di continuo
e mi impedisce
di stare a lungo nelle tavolate
e di rientrare tra i felici
a pieno titolo.
San Salvatore
Camminavamo ieri
nella chiesa buia
sforzando l’occhio
per mettere a fuoco
i dettagli dei dipinti
maestosi, mi facevano
tenerezza le seggioline
sparse con l’etichetta
“non spostare”, ho rivolto
a Cristo il solito sguardo
d’affetto senza preghiera,
ho invidiato la vecchia
che bisbigliava al sacerdote,
l’uomo col saio inginocchiato
per terra davanti all’altare,
quella consolazione buona,
l’inganno innocuo,
la speranza che avrei
di riabbracciarlo un giorno,
per un attimo solo,
com’era, col suo nome,
la sua voce, il suo viso,
dirgli ti amo e che lui senta,
subito prima di diventare
entrambi pura luce,
energia del cosmo,
pulviscolo di Dio.
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P.S.
Se ascolterete fino in fondo il messaggio che segue la lettura nel video di Francesca Del Moro, coglierete il candore e l’autenticità con cui parla dopo i versi tratti da Ex madre, la forza pacata con cui porge parole che risiedono nell’indicibile. Osserverete come scavalca i confini del sé in direzione del prossimo -nonostante tutto-, come restituisce gratitudine e come costruisce ponti con la materia viva della poesia, dal baratro verso l’altro, verso l’alto.