Luca Pizzolito
Q.B. PRIMO PIANO
Nota di lettura su Crocevia dei cammini
Luca Pizzolito (Pequod, 2022)
Nessun atto di resistenza, nessuna rassicurante certezza possiamo cogliere nei versi di Crocevia dei cammini di Luca Pizzolitto (Pequod 2022), ma una resa incondizionata a ciò che offre il mondo, compresa la sua grazia, la levità, la dolcezza nella “nuda felicità delle gerbere in fiore”. E una presa di coscienza, a tratti inquieta e a tratti struggente, su ciò che siamo, “merce di scambio con / ciò che avanza del vuoto” e su dove andiamo, mentre si attraversa un paesaggio di rovine, di deserti, di abbandono. Non c’è metafora più centrata per raccontare la vita, e Luca Pizzolitto la fa propria mettendo in versi un cammino fitto di gesti delicati, di sguardi, di immagini che si pongono continuamente alla ricerca di sé e dell’altro, del senso dell’esistere, che non può essere un “resistere” e neanche un “restare”.
Un percorso che si costruisce sul desiderio di essere accolti, amati, rassicurati; sul tentativo di annullare la lontananza, di colmare una distanza che non concede tregua, di ritornare da un esilio più volte menzionato. Come non ripensare, riflettendo sul concetto persistente di lontananza, all’amor de lonh dei trovatori provenzali, tra il desiderio d’amore vissuto e l’immagine della donna che appare in sogno o nel ricordo?
Il cammino è un gesto antico, che ha segnato la storia dei popoli, accompagnandone la dimensione rituale, religiosa, quel compito dettato dalla fede. Ma il rischio per noi oggi, che siamo anime fragilissime sommerse da una complessità incomprensibile, è quello di perdersi: le vie sono molteplici, si incrociano, troppo presto tramonta il sole (“Cammino solitario mentre / nell’azzurro del cielo cade / la sera e si fa notte”) e non sempre qualcuno è in grado di mostrarci la direzione (“Noi andiamo sempre verso un tempo, / una stagione che non sappiamo”).
Ci sentiamo smarriti, perdiamo il senso e l’orientamento, ci sentiamo nudi e soli come preannunciano anche i titoli di due sezioni del libro: Appunti dal deserto e Il vuoto e altre poesie.
Ci si guarda intorno, si cercano punti di riferimento, orizzonti, braccia in grado di scaldare e custodire il corpo ferito. E ciò si domanda in questa raccolta: quella necessità primigenia, dovuta alla natura indifesa e fragile dell’uomo, “Questa necessità di essere / visto, contenuto, amato”.
L’Andare corrisponde poi ad una esigenza atavica dell’essere umano, come atto di ricerca, di scoperta, ma anche di fuga, come volontà di abbandono o riscoperta di se stessi, sapendo che un viaggio – anche nei labirinti del proprio mondo interiore – può cambiare, può donare uno sguardo diverso sulle cose.
La voce è pacata, contenuta e lo sguardo – accorto e introspettivo – si posa sui fiori che a volte sono morti o recisi, in una rassegnata comprensione del dolore, “Quando tutto brucia”. Nei versi risuonano gli echi dello spazio circostante, delle stagioni, del vento, degli elementi della natura che abitano la poesia di Crocevia dei cammini, con pudore e discreta presenza… fino alla rottura, fino a quando non rischia tutto di “andare in pezzi”.
E alla guisa di un pellegrino, il poeta cerca rifugio nei luoghi sacri, nel santuario, nella sacralità dell’albero: “nelle preghiere stanche / e nel canto, / nella chiesa vuota”. Con un afflato dal sapore francescano, alcuni passaggi si offrono maggiormente consolatori (“Seguire il canto degli uccelli / nel mattino, usare parole…”) mentre altri sono più amari (“Il mio cuore è un cane stanco / che si trascina, a fatica, / sotto il sole”).
Il poeta compie il suo viaggio caratterizzato da stagioni miti e rigidi inverni, presenze familiari e ombre che lasciano solo un alone della loro presenza, così richiesta, così necessaria. I versi si forgiano sulle albe, si colorano tra le sfumature del giorno e la cupezza della notte, ma l’orecchio è teso a percepire ogni minima vibrazione interiore: il mondo fuori è una cassa di risonanza.
C’è una dolcezza di fondo nella scrittura di Pizzolitto, una grazia pura e disarmante che attraversa questo libro, come già accadeva nella precedente raccolta intitolata La ragione della polvere (PeQuod 2020). In Crocevia dei cammini, la voce del poeta si conferma nei suoi toni composti ed equilibrati seppure la ferita – che porta con sé la promessa del tormento – permanga sul corpo nudo e indifeso, con la sua carica di sofferenza impossibile da stemperare. “In questo buio che non conosce / quiete, riposo, in questo buio / prende fuoco il mio cuore, / arde e consuma nel niente la vita.”
Dei grandi Maestri della poesia, come Pascoli, Luzi, Ungaretti, Montale… si avvertono le tracce: quello di Luca Pizzolitto è il percorso di un lettore attento che fa tesoro della parola poetica e la porta (la trasporta) nel suo laboratorio, come seme da far rinascere e germogliare, nonostante l’aridità del paesaggio: “Senti come trema la voce / di questa fede immatura, / senti l’invisibile crepa / che avanza nel nostro domani”.
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Nel video la lettura a cura dell’autore