Luciana Argentino

Intervista a cura di Michele Paoletti

LUCIANNA ARGENTINO

 

  1. Mi piacerebbe iniziare l’intervista con un ricordo. Com’è stato il tuo primo incontro con la poesia?

È avvenuto intorno ai quattordici – quindici anni per merito di una professoressa che ci leggeva poeti al di fuori del programma. Sono rimasta affascinata dal linguaggio che arrivava all’essenza e riusciva a tirar fuori cose che avevo dentro e non immaginavo si potessero dire in quel modo. É stata la scoperta di un mondo nuovo e diverso in cui mi sono trovata subito a mio agio.

  1. Ricordi i tuoi primi componimenti in versi?

Conservo ancora il quaderno con le mie prime poesie. Sono poesie sulla solitudine, sull’incomprensione, sentimenti tipici dell’adolescenza, un periodo in cui non si riesce ancora a comprendersi a fondo. All’inizio la poesia è stata un rifugio, poi da rifugio è stata un’apertura verso il mondo e gli esseri viventi.

  1. Qui al festival Tres Dotes presenti il tuo nuovo libro In canto a te (Samuele Editore, 2019). Ci vuoi parlare di come è nato? Qual è stato il percorso di scrittura?

È un libro di poesie d’amore. Il libro più difficile da scrivere perché sull’amore è stato detto tanto. Ma la forza dirompente dell’amore unita alla forza altrettanto dirompente della poesia hanno fatto sì che io raccogliessi sulla carta quanto queste forze avevano smosso. Il fattore scatenante è stato l’aver ritrovato, dopo tanti anni, il mio primo amore e dallo stupore di questo amore riscoperto intatto sono nate le poesie di “In canto a te”.  Poesie in cui non ho avuto paura ad essere anche audace perché l’amore è insieme carnale e spirituale. L’amore è una forma privilegiata di conoscenza dell’altro e di noi stessi e questa spinta ha creato una sorta di romanzo in versi in cui ripercorro la storia di questo amore, le tappe di questo incontro. Tenendo presente che la poesia sempre parte da un qualcosa di personale per raggiungere però ogni essere umano perché la poesia questo fa: parla ad ognuno di noi chiamandoci per nome.

  1. Nell’attenta e profonda prefazione, Gabriella Musetti, tra le altre cose parla anche dell’attenzione che ha la tua poesia per il silenzio (e già ne avevamo parlato in un’intervista passata). Il silenzio sembra quasi assumere i connotati di un luogo dove qualcosa accade, più che di un momento. É cosi?

Sì. Certamente per me il silenzio è un luogo e un compagno che incessantemente mi parla e a cui parlo. Il silenzio è dialogo.  Ultimamente sto approfondendo questo tema scrivendo dei testi sul silenzio, in prosa poetica. Trovo che la parola poetica contenga in sé il silenzio, faccia silenzio dentro di noi, ci prepari all’ascolto di noi stessi e del mondo. In queste prose sto cercando, facendo accostamenti talvolta arditi come ad esempio tra silenzio e infinito, silenzio e digiuno, di parlare di silenzio come momento creativo.

  1. Il libro è ricco di riferimenti letterari, autori, autrici, testi, addirittura cantanti. Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Amo moltissimo Mario Luzi, il poeta che ho incontrato per primo nel mio percorso poetico. Poi Caproni, Rilke, Cvetaeva, Pasternak, Char, e moltissimi altri. Tra questi anche degli scrittori come Virginia Woolf tanto per citarne uno. Nel libro in particolare uso il linguaggio biblico, evangelico perché rimasi colpita da una frase che cito a memoria: il linguaggio dei mistici è molto simile al linguaggio della camera da letto. In canto a te è un libro molto sensuale, ci sono poesie in cui è presente un più o meno velato erotismo, e mi è venuto naturale usare questo linguaggio che riusciva a dire meglio ciò che volevo raccontare. Un essere umano è spirito e materia e volevo far percepire questo al lettore.

  1. Nel libro c’è un concetto di tempo molto interessante: il tempo non guarisce, né ci sottrae nulla, semplicemente ci riconsegna tutto in altra forma. Il tempo modifica la sua connotazione lineare, lo vedo come una sorta di marea che riconsegna alla superficie oggetti mutati, levigati che conservano i lineamenti di ciò che furono e nei quali si può già intuire ciò che saranno. È così?

In questo libro, l’esperienza è proprio quella dell’amore vissuto nell’adolescenza e ritrovato dopo trent’anni praticamente intatto. Dentro era rimasto l’amore che è riemerso, quasi inalterato nonostante il tempo. Ritrovarci è stata una cosa luminosa e inaspettata. L’amore inconsapevole dei sedici anni, vissuto nella maturità viene riscoperto. La poesia è amore e parlare d’amore è molto rischioso in poesia come accennavo prima perché si rischia di essere banali e cadere nei luoghi comuni. Benché, in effetti, la poesia è ai luoghi “comuni” che ogni essere umano ha in sé che parla per dire qualcosa di nuovo e inaudito.  L’amore è sentimento ma anche atto, l’amore si fa, si crea come la poesia. In canto a te racconta della riscoperta dell’amore attraverso uno sguardo mutato dal tempo ma pieno comunque di stupore.

  1. Il libro si chiude con il testo Il poema della luce o del teorema della ricorrenza: un racconto in versi di due innamorati, due sistemi dinamici instabili che si allontanano e si avvicinano mentre il tempo scorre, scandito da viaggi e da luoghi. Fino a quando i due sconfinano l’uno nell’altra e s’incamminano lungo un’altura senza nome, battezzata da una luce futura. Ce ne vuoi parlare?

Dopo che avevo scritto le poesie sentivo il desiderio di raccontare quello che aveva portato alla loro nascita, la storia di come ci siamo ritrovati. Nel Poema della luce ci sono tutti i viaggi e gli incontri nei quali i due protagonisti hanno avuto modo di parlarsi, di raccontarsi e di dirsi quanto allora, per immaturità, si erano taciuti. Ho voluto raccontare lo stupore del loro (nostro) ritrovarsi. La vita del resto è bella per questi doni inattesi, pieni di meraviglia.