Salvatore Ritrovato
La circonferenza della vita
(Marcos y Marcos,
2022)
A un piccolo bambino
La differenza tra me e te è un pugno di parole.
Hai preso il male più cattivo che esista sulla terra.
Un bacio non basta a fartelo passare
e tu non hai parole per chiedere cos’è
né le nostre per fartelo immaginare.
Dietro questo male c’è quello che i grandi chiamano morte
che forse non esiste: è una forma di non-vita.
Tutto questo nessuno può spiegartelo
non c’è un gioco che te lo fa comprendere.
Sarà un viaggio lungo, difficile, niente rispetto all’amore.
Una telefonata dopo tanto tempo
Siamo sopravvissuti al silenzio di tanti anni
ma non alle distanze, e spingi le parole in una nuvola di scuse.
Ora è difficile attraversando fusi di sogni e muri
distinguere gli ordini del fato dalle indicazioni della fortuna
e scoprire il miracolo (un film? un ballo?
un viaggio mai terminato?) che ancora ci accomuna.
I piatti sporchi
I piatti sono ancora l’uno sull’altro sporchi nel lavello
e così li lascerò stasera, perché è come sto dentro.
Domani ci metterò le mani per pulire tutto con un gesto
di gratitudine immenso per il tempo che ho perso
e penserò: basta, devo finire, presto…
Lavare ogni sera i piatti con cui ho debellato la fame
e lasciarli asciugare per poi ricominciare il giorno dopo –
ma che senso ha, perché non me ne vado?
o aspetto che venga la Signora e metta a posto?
Farà pulizia in mia assenza, luciderà l’acciaio
come uno specchio in cui posso guardare quanto sono bello.
Senza unto, senza calcare, bello come un ladro.
Un regalo
A volte basta un pomeriggio a chiudere un’età.
Dopo l’esame di quinta elementare
decidemmo di portare una penna al maestro
che aveva allora meno anni di me che scrivo adesso.
Non ricordo più come venne fuori quel gesto
ma occorreva dire grazie, e una stilo grigia
meglio di una bacchetta avrebbe lasciato un segno
(ci disse uno) nel bar tabacchi.
Scriveva solo se inclinata: di qua o di là era lo stesso.
A casa la signora ci portò biscotti e sfoglie, e l’aranciata.
Poi ci lanciammo contro un angolo del giardino
allegri di quell’innocente leggerezza
che avremmo lasciato alle spalle.
Il maestro era stato il testimone di metà della nostra vita
il suo custode, ci guardava dal salotto
come da un’epoca che non potevamo più abitare.
Sulla porta mandammo l’ultimo saluto
e sulla strada nessuno si voltò a guardare.
Gli stessi occhiali
a p. Mario, guida sulla via della verità,
fra un ritorno e l’altro, dal paese all’università
Gli stessi occhiali di tanti anni fa ed è uguale
anche il tuo modo di guardare il mondo
di raccontarlo, uguale anche nei riflessi delle lenti.
Io non so invece quanti ne ho cambiati:
molto simili ai tuoi erano i primi.
Poi arrivarono silhouette più leggere
aste flessuose di titanio in cui lèggere
le ultime ipotesi di pace fra l’aldiquà e l’altrove
e altre montature, impazienti di nuove mode.
Un giorno mi ricorderò dei tuoi per vedere oltre il buio.
Quel mondo di nuvole, senza porte, senza muri.
È stato recentemente pubblicato, per i tipi di Marcos y Marcos, l’ultimo libro di poesie di Salvatore Ritrovato, autore che all’attività di poeta affianca quelle di critico letterario e di docente universitario.
Il titolo di questo volume, La circonferenza della vita, si presta a due letture: una seria ed una faceta. Quanto alla prima, esso fa riferimento alla percezione di un limite: l’io lirico si rende conto di trovarsi in una stagione piuttosto avanzata della propria esistenza, e si scopre ad osservare la propria vita da un punto di vista che ormai ne può scorgere i confini ultimi, la sua circonferenza, appunto, oltre la quale essa non può spingersi. Tuttavia, allo stesso tempo, il titolo può essere letto anche in chiave ironica: La circonferenza della vita farebbe in questo caso riferimento alla nota ossessione di quanti sacrificano la buona tavola per la “linea”.
Coerentemente con questa duplice chiave di lettura del titolo, il volume presenta uno spettro di registri linguistici davvero ampio, che va dal comico realistico al drammatico. Si hanno infatti qui testi che parlano di amplessi estemporanei, descritti con ironico disincanto, ma anche pagine di toccante lirismo, come quelle che parlano della malattia di un bambino, o del confronto estremo cui ci invita il pensiero della morte, quando si inizia a percepire che «ogni giorno si fa più corto» (p. 53).
Tra le presenze ricorrenti di questo libro spicca proprio la morte, «la riva che tutti attende» (p. 93), di cui si parla in diverse liriche di questa raccolta. Al pensiero della fine fanno da contraltare sia la preoccupazione di riuscire a godere appieno del momento presente («Presto, la notte è lunga, domani forse non tornerai», p. 50), sia la speranza nella facoltà eternatrice della parola poetica: «m’interessa che questa poesia resti» (p. 47). Tuttavia, anche quando si aprono a una teleologia di natura letteraria, il dettato di questi testi non è mai magniloquente, ma sempre misurato, a volte dimesso, diremmo familiare; infatti, anche nella poesia da cui sono tratti i versi appena citati, si specifica che il poeta si auspica che la sua parola resti, sì, ma «come un dono, o un ricordo, o un progetto / nella mano di un’amica che l’accarezza» (ibidem), a confermare il taglio intimistico dei versi di questo libro. L’autore, come emerge in Cercando l’ispirazione (p. 26), opta per una poesia semplice, che alleggerisca l’anima; a volte sembra anche guardare con piglio critico al proprio fare poesia: «Polvere e ombra siamo; non vita / ma letteratura, in una stanza chiusa» (p. 63), «Anche chi scrive ha paura di sognare quando resta solo. / Allora parla solo di parole» (p. 59).
In questa raccolta si avverte anche la preoccupazione per la situazione di «questo pianeta che abiteremo anche da morti» (p. 39), espressa in forme che, tuttavia, non sfociano mai nell’ansia ecologista da cui spesso ci scopriamo affetti, ma piuttosto assumono i contorni della cura, e della nostalgia per una più sana e naturale dimensione dell’umano, per «un’età felice e pura» (p. 42). Ne La stagione che non viene, per esempio, una chiacchierata tra amici davanti a un bicchiere di vino ed un piatto di pesche è il pretesto per condurre una riflessione sulla poca naturalità di queste ultime: una presa di coscienza anche ironica, in un certo senso, ma carica della malinconica consapevolezza di aver in qualche modo contribuito ad un progresso «oscuro e misero» (ibidem) che ci ha portati dove siamo.
Per quanto l’autore di questo volume possa essere probabilmente annoverato tra i più colti poeti italiani dei nostri anni, questo libro, pur ricco di riferimenti letterari e filosofici a volte usati come esergo, altre, più frequenti, appena suggeriti (Fortini, Leibniz, ma anche Paolo Conte, per lambirne solo alcuni), non ambisce a distinguersi per la ricercatezza delle proprie citazioni e filiazioni: anche se questi echi non vengono colti dal lettore, il libro non perde in alcun modo il proprio valore. Il valore di quest’opera riposa piuttosto in altro.
Spesso la poesia contemporanea risulta poco eloquente, specie se fatta da chi ha grande competenza in materia. Questo libro, a nostro avviso, fa eccezione: vi si leggono, infatti, poesie spiazzanti per la loro schiettezza (“Sai quanto ti voglio bene…”, Vuelve a la cama), altre pacatamente struggenti (L’offerta, Un giorno o l’altro, Tornando da Loreto, A un piccolo bambino), altre ancora più lucide, ma ispirate da una saggezza laica e profonda (L’amicizia e quello che serve, Gli stessi occhiali, I piatti sporchi, Una telefonata dopo tanto tempo). Pertanto, oltre alla ricchezza di stili e di registri che lo compongono, ciò per cui questo piccolo volume si distingue è, a nostro avviso, la franchezza dei suoi versi, grazie alla quale il poeta sa toccare tante corde diverse del nostro animo, e ci emoziona. Una franchezza che rende l’autore capace di cantare la vita in tutte le sue sfaccettature, dalle più prosaiche alle più liriche ed alle più tragiche, «senza tacere / particolare alcuno», direbbe Giudici. Una narrazione della vita in versi capace di dare nuova forza a quella cosa che continuiamo ancora a chiamare con il nome di poesia.
Nota biografica
Salvatore Ritrovato, autore di diverse raccolte di poesie (ultima, La circonferenza della vita, Marcos y Marcos, 2022) e di saggi (tra i quali La differenza della poesia, puntoacapo 2017, e La poesia e la via. Saggi sulla letteratura e la salvezza, Fara 2020), vive a Urbino, dove insegna.
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