Stefano Simoncelli

In fila davanti ai teatri

(Antologia inedita in prosa poetica, 

2025)

Dalla prima sezione:

UNA ASTRONAVE D’AFA
1981

I
Di soprassalto, a metà della notte, un va e vieni scomposto tra i platani e sulla ghiaia, uno scalpiccio malfermo e un tonfo di bottiglie rovesciate sul pianerottolo. Penso: è lui che rincasa e faccio luce, ma sul comodino il portacenere è vuoto e non c’è il suo orologio da polso o il rametto di basilico che annusa prima di prendere sonno. Nell’angolo, accanto all’armadio, nemmeno i suoi polacchini con il tacco destro rinforzato. Gli piace cambiare posto alle cose, disorientare, passare nelle camere come un colpo di vento…

II
Strade come palcoscenici di polvere con gallerie di foglie combuste infestate da insetti e cicale. Avrà camminato fino al mare sperando in un po’ di fresco. Si sarà fermato più tardi a bere e bere con i giocatori di bocce al chiosco delle darsene. Ancora un attimo e lo sentirò imprecare dietro alla porta cercando le chiavi nelle tasche. Bussare

III
Niente, se non quel va e vieni che si ripete là sotto, tra i platani, come se aspettasse qualcuno. Raggiungerlo? Aiutarlo a salire le scale? No, si ribellerebbe scacciandomi con quello sguardo beffardo che è anche mio. Una mano, ecco, tra i suoi ricci lisciati dalla brillantina Rinova. Un cazzotto affettuoso sulla spalla chiedendogli: “andiamo a vedere i treni? Tra poco, all’alba, verso Rimini o Ravenna…”. Si scioglierà? Si lascerà guidare? Potrei confidargli alcuni segreti e lui trepido scalciando la ghiaia…

IV
La fragranza del pane appena sfornato, esuli coppie abbracciate contro le saracinesche… La notte: un’astronave d’afa che si ferma qui sopra, ma un colpo di vento improvviso e anomalo la spazza via. È lui che ha spalancato la porta?

*

decima sezione:

I VICINI

1.
Alle sette di una tiepida sera di maggio esce sul pianerottolo a fumare una sigaretta e la vede che stende il bucato con la stessa calma e precisione con cui lui forgia e poi salda le sbarre di un cancello, una grata o le inferriate di una villa dove non sarà mai invitato a cena né per un tuffo in piscina. La guarda stendere i panni sul filo di corda che parte da una colonna della veranda fino a un ramo del susino selvatico, a ridosso della rete che li separa (da mesi sogna di abbatterla come fosse passata una tromba d‘aria) e sente che nessuno potrebbe entrare in quel mondo domestico, armonioso e all’apparenza invulnerabile, tanto meno lui, incapace di pronunciare una parola o un semplice saluto, mentre si schiaccia nella sua ombra guardando con invidia la nuvola di fumo che esce dalla sigaretta e sorvola la rete divisoria. Se la prenderà uno di passaggio che finge di avere letto tutti i libri e fuma la pipa, o uno smidollato senza arte né parte che non capirà mai chi stringe tra le braccia, si dice mentre pensa che, nonostante sia, a detta di tutti, il fabbro più bravo dell’intera provincia, non riuscirà mai a saldare il lungo segmento gelido e solitario della sua vita con quella passione segreta e incandescente che non gli dà pace nemmeno quando dorme. Finito di stendere il bucato lei rientra in casa senza nemmeno uno sguardo verso il pianerottolo dove il fabbro spegne la sigaretta, con forza, tra il dito indice e il medio.

2.
La vicina stende il bucato con studiata lentezza sul filo di corda e ogni tanto, tra una sottoveste, un asciugamano e una vecchia sottana plissettata, spia, con la coda dell’occhio, il fabbro che fuma sul pianerottolo e la fissa. Vanno avanti così da quando lei, circa sei mesi prima, è andata ad abitare in una villetta a schiera ereditata da una prozia. Verso le sette di sera, dopo il ritorno dal Vescovado dove lavora come centralinista, esce a curare o innaffiare il piccolo giardino, a stendere il bucato come in questo momento, o a leggere un libro sulla scomoda poltrona di bambù che occupa mezza veranda mentre lui è lì, puntuale, ogni sera lì, che la spoglia con gli occhi. L’immotivata e insospettabile attrazione per quel vicino dai modi grezzi, probabilmente brutali, tarchiato e dai tratti del volto arcaici, l’ha sconvolta al punto che cerca di rinnegarla manifestando la totale indifferenza, ma più si ostina a reprimere quella passione che le cresce dentro senza che lei lo voglia, e più desidera che quelle mani sproporzionate e tatuate di bruciature l’accarezzino come ha soltanto immaginato e sognato nel grande letto di ottone della prozia. Basterebbe fargli un cenno con la mano, si dice tra i brividi, un sorriso e … No, no, si ripete riprendendosi subito da quell’improvvisa debolezza. Andrà avanti così fino a quando quella passione mai consumata e potente come una tromba d’aria non spazzerà via la rete metallica che li divide, si dice rientrando in casa, dopo aver annusato il fumo della sigaretta, che puntualmente il fabbro ha appena spento, con forza, tra il dito indice e il medio.

A proposito di
IN FILA DAVANTI AI TEATRI
di Stefano Simoncelli

«Ho pensato questa antologia per mettere un punto fermo, non ne posso più della poesia, bisogna evitare di fare il verso a se stessi »

(Stefano Simoncelli)

Le prose poetiche che Stefano Simoncelli ha selezionato per questa antologia di prossima pubblicazione sono parte integrante dei libri che l’autore è venuto editando dal 1981 a oggi, eccezion fatta per due bellissimi inediti – Confessione di un camionista in transito sull’Adriatica e Antonio Petrecca “Milleluci” – collocate all’inizio della raccolta, subito dopo Una astronave d’afa, prosa pubblicata nel 1981 sull’ultimo numero di Sul Porto, la splendida rivista poetica e militante che Simoncelli fondò e curò con Ferruccio Benzoni e Walter Valeri a Cesenatico, sul declinare degli anni Settanta dello scorso secolo, e alla quale collaborarono a più riprese i maggiori poeti italiani del tempo, da Vittorio Sereni a Giovanni Raboni, da Alfonso Gatto a Giovanni Giudici e altri.

Potremmo ipotizzare che questa antologia, da tempo annunciata, vada a integrare l’antologia poetica che l’autore ha congedato nel 2023 per i tipi della Marcos y Marcos nella bella collana diretta da Fabio Pusterla e con luminosa prefazione di Massimo Raffaeli – Stazioni remote poesie scelte 2004-2020 – ma certe restano la solida autonomia e la coerenza interna del percorso e del discorso di questa, quasi esaustiva, selezione operata dal nostro autore.

Senza addentrarci in una analisi tassonomica delle ipotesi passate e correnti relative alla prosa poetica, o prosa lirica o poème en prose che dir si voglia, nella poesia italiana, almeno da Dino Campana in poi, quello che conviene qui sottolineare e da subito è la posizione di grande chiarezza che Simoncelli adotta rispetto a questa forma di scrittura, interrogato al riguardo, con l’irruente candore che lo contraddistingue in ogni suo gesto, poetico e non, ci spiega che: «La poesia mi andava stretta, avevo in mente questi personaggi, tutti incontrati nella realtà, che non riuscivo a dire in poesia. In prosa è tutto più semplice, c’è meno retorica, meno fronzoli, la prosa può essere più scarna, secca, alla Hemingway. Sono raccontini scritti con la mano sinistra. Le pagine dedicate a Elenio Wagner De Biasi “il ballerino” però sono di valore assoluto, fra le cose migliori che ho scritto».

Ecco, «questi personaggi, tutti incontrati nella realtà», affermazioni centrali per la lettura anche strutturale delle sequenze che compongono la raccolta e che si articolano in un numero variabile di frammenti  – da uno a venti o trenta o trentuno di varia misura ma la cui durata supera di rado la pagina – e che portano quasi tutte come titolo il nome di una persona: Antonio Petrecca, Leonardo, Corrado Balzani, Elenio Wagner Di Biasi, Giuseppe Pantaleoni. Persone delle quali è impossibile non rilevare la valenza di figure specchio o di destino (quasi senza destino, forse, talvolta, ma più spesso con troppo destino addosso) e la cui mitezza indifesa spezza poeticamente l’ordine delle cose per volgerla in una sorta di santità inconsapevole, una superiore categoria di dignità, di assoluto, di ingenuità. E soccorrono al riguardo le parole di Simone Weil che in un frammento titolato “Discreazione” (ora raccolto in Simone Weil “L’ombra e la grazia”, a cura di Georges Hourdin e Franco Fortini, Bompiani, 2014) scrive: «È stata data all’uomo una divinità immaginaria perché potesse spogliarsene, come il Cristo ha fatto con la sua divinità reale».

Poveri cristi dunque, come si suol dire, incarnazioni dolenti della mansuetudine o di quella categoria inesplorata dell’animo umano che solo dal paradosso si lascia raccontare come tenacissima resa, luminosissima sconfitta. Lacerti d’esistenza trascurabili, infine, scordabili, ma non per tutti, evidentemente, non per la scrittura di Simoncelli che qui inoltra il suo sguardo nel mondo e tenta di scardinarne i meccanismi ingrati della prevaricazione per mostrarne piuttosto il lato degno di compassione – parola ambivalente, certo, ma che qui si vuole intendere come il sentimento di comprensione e vicinanza che possiamo agire nei confronti delle anime ferite e claudicanti dell’esistenza – appello ineludibile per il poeta, disponibile come sempre a stremare la propria voce e a giocarla su un piano d’altissima condivisione, ovvero testimonianza dell’umano nelle sue evidenze più esposte, senza difesa, la storia diroccata degli sconfitti, dove la poesia – la prosa poetica – si fa missione  misteriosa dei sentimenti. Va detto, a completare la nostra certo non esaustiva disamina di questo libro futuro, che in una delle sequenze o sezioni più belle – Quando ho cominciato (dedicata a Dani) –  così come nella manciata di fogli di chiusura – I vicini, Ossoduro, Corte Dandini – è l’anima innamorata e dolente dell’autore che si fa oggetto dell’osservazione e della narrazione che si fa più intima ed esposta al tempo stesso, secondo i dettami della migliore ipotesi autobiografica e, come già nell’opera in versi, Simoncelli mette in gioco anche se stesso.

Nel frammento 20 della sezione intitolata Elenio Wagner De Biasi “il ballerino” a un certo punto si legge:

“È impossibile scrivere di qualcosa o qualcuno rendendogli giustizia e lasciandolo intatto. Se scrivi di una cosa inevitabilmente la ingabbi trasformandola e diventa, anche se non vuoi, una cosa diversa, una specie di compromesso tra realtà e finzione che le sporca la purezza cui forse era destinata. Questo mi toglieva forza e credibilità. La credibilità quando scrivi un romanzo, una poesia o una semplice guida turistica, è decisiva, e io sentivo di non averla. Invece se non scrivo, ma parlo o penso, ho idee credibili, autentiche e universali.”

È Coso, l’enigmatico e inquietante antagonista di Elenio, a parlare e a pronunciare questa vera e propria dichiarazione di poetica, confessione magnifica della fragilità intrinseca ai personaggi, alle personae della rappresentazione, alle maschere, ma anche all’atto dello scrivere, in rima stretta con credibilità altro termine chiave e al tempo stesso paradossale del compromesso “tra realtà e finzione”. Ed è proprio in riva a questo compromesso, così poetico, così profondamente umano, che si gioca il significato più autentico del nostro, di tutti, desiderio di dirsi ed esserci o di provare a farlo, anche per chi non può, anche per chi non lo sa. Missione esposta della poesia – della prosa poetica – esercizio grande di dignità e dunque d’amore.

Notizia biobibliografica Stefano Simoncelli

Stefano Simoncelli è nato nel 1950 a Cesenatico. È stato redattore di «Sul Porto», la rivista di letteratura e politica che catturò l’attenzione di Pasolini, Bertolucci, Caproni, Sereni, Fortini, Raboni, Orelli e Giudici. Nel 1981, con Via dei Platani (Guanda), ha vinto il premio Mondello Opera Prima. Nel 1989, è uscito Poesie d’avventura nella collana Gli Spilli, diretta da Enzo Siciliano e edita da Gremese. Nel 2004 ha pubblicato Giocavo all’ala (premio Gozzano), nel 2006 La rissa degli angeli, nel 2012 Terza copia del gelo (premio biennale Diego Valeri, giuria popolare), nel 2014 Hotel degli introvabili, nel 2017 Prove del diluvio (premio Europa in versi e Città di Fabriano), nel 2018 Residence cielo, nel 2020 A beneficio degli assenti (premio Giorgio Orelli-Città di Bellinzona e premio Frascati-Seccareccia), nel 2021 Un barelliere del turno di notte, nel 2022 Sotto falso nome (raccolta finalista al Premio Strega poesia 2023), nel 2024 Visite Notturne, tutti con la casa editrice peQuod. Del 2015 sono il racconto in prosa poetica Il collezionista di vetri con fotografie di Daniele Ferroni e prefazione di Giancarlo Sissa (Italic arte) e la plaquette notizie interferenze sibili (Quaderni di Orfeo), del 2019 è la plaquette La paura dei tuoni (Italic arte). Di particolare interesse l’antologia Stazioni remote pubblicata nel 2023 per Marcos Y Marcos nella collana di poesia diretta da Fabio Pusterla e con illuminante prefazione di Massimo Raffaeli.